Una volatilità eccezionale ha fatto oscillare prezzi e rendimenti delle azioni e dei titoli di Stato in modo mai visto. Ecco dove erano prima delle crisi e le possibili occasioni da cogliere, senza sottovalutare i rischi Mentre gli esperti provano a dire che tempo farà sui mercati, dagli Usa alla Cina, appena il virus si fermerà.

II listino di Pechino e anche quelli del Vecchio Continente potrebbero beneficiare prima di Wall Street del contenimento.

Forse non sarà più come prima. O forse sì. Ma adesso è impossibile dirlo. La guerra contro il coronavirus — il paragone bellico è giustificato, purtroppo, dalla dolorosa conta delle vittime e dal tenore delle misure emergenziali — lascerà traccia nelle nostre vite di cittadini e di lavoratori. E anche di investitori. In un mese, Piazza Affari ha perso il 40% della capitalizzazione di Borsa (dato al 18 marzo), il paniere europeo è a -37%, Wall Street fa -31%. L'indice Vix che misura la volatilità attesa dell'S&P500 è schizzato sopra gli 8o punti, rievocando il dopo Lehman Brothers. Chi veste i panni dell'investitore — dimenticando, per un momento, le drammatiche implicazioni umane e sociali della crisi sanitaria — può iniziare a chiedersi se una correzione così drastica non apra la strada a un'occasione d'acquisto. «Nelle prossime settimane non si può escludere un ulteriore test dei minimi raggiunti nei giorni scorsi», premette Emilio Franco, AD di Mediobanca SGR. «Ma la violenza e la velocità della caduta hanno pochissimi termini di paragone nella storia dei mercati finanziari. Vengono in mente il 1929, il 1987 e il 2008.
Se l'orizzonte di riferimento è di almeno un anno non c'è dubbio che il crollo dei prezzi presenti delle opportunità». A una condizione: «Oggi facciamo i conti con un mercato vulnerabile, segnato da alcuni gravi malfunzionamenti, primo tra tutti l'illiquidità che ha paralizzato quasi tutte le classi di attivo. Chi entra oggi deve sapere che i listini continueranno a ballare per almeno un mese e mezzo o due», calcola Andrea Delitala, head of investment advisory di Pictet am.
È questo, nella migliore delle ipotesi, spiega, il tempo necessario per raggiungere il picco del contagio, almeno in Europa. Dopodiché, in ogni caso, il ritorno dell'attività economica ai livelli pre-crisi non sarà immediato. Assestamenti «I mercati all'inizio credevano di avere a che fare con uno choc prevalentemente regionale, in Cina, accompagnato da una crisi dell'offerta — per l'interruzione delle catene di fornitura globali — e con effetti pesanti nel breve, ma efficacemente contrastabili con misure monetarie e fiscali. Si sono ritrovati a fare i conti con il timore di una crisi globale della domanda e dell'offerta e con effetti più duraturi.
Il cambiamento di paradigma si è tradotto in un riprezzamento violento, amplificato dal senso di incertezza personale», spiega Franco. Ora si tratta di capire se la ripresa sarà a V — un collasso seguito da un rimbalzo vigoroso — oppure a U, con una fase più lunga di assestamento. Il mercato già sconta una recessione di media entità. «Basti pensare che il calo della capitalizzazione di Borsa subito dall'Euro Stoxx — calcola Franco — è pari a cinque volte tutti gli utili generati dalle imprese europee nell'intero 2019. Se questa si trasformasse in una recessione profonda, a causa di un'insufficiente risposta dei policy maker, i listini potrebbero perdere un altro 10/15% da questi livelli. Un avvitamento è però ora meno probabile alla luce degli interventi eccezionali di questi giorni, sul fronte monetario e fiscale. Dopo un calo temporaneo ci sarà una ripartenza. Le imprese ricominceranno a fare profitti».
Goldman Sachs ha calcolato che in occasione delle precedenti recessioni Usa, l'S&P500 abbia perso in media il 30% (il peggiore crollo fu nel 2007-09, -57%). Sei mesi dopo aver toccato il fondo, Wall Street guadagnava già, in media, il 26%. La stessa banca d'affari americana ipotizza che l'S&P500 possa scivolare fino a 2000 punti a metà anno (-16% dai valori attuali), per risalire fino a 3300 punti in 12 mesi, + 37%. Nello stesso arco di tempo, l'Europa farebbe +28%. Nel caso quali Borse scatteranno per prime? «Il mercato sembra disposto a premiare i paesi che hanno già vinto la battaglia contro il virus», osserva Delitala. «La Cina — che per la prima volta il 19 marzo non ha registrato nuovi contagi — potrebbe essere favorita. Poi l'Europa, e a seguire gli Usa».
Cosa può rimettere le Borse in carreggiata? Ovviamente servirebbe un chiaro segnale di successo in Europa nel contenimento dell'infezione, con una stabilizzazione della curva di contagio. O magari la scoperta di una terapia medica efficace. Secondo Franco, probabilmente siamo sulla strada giusta per portare i listini su un sentiero di ripresa sostenibile, «grazie al crescente coordinamento delle iniziative di stimolo fiscale a livello europeo e globale, puntellate da eccezionali iniziative delle banche centrali che dovrebbero dare ancoraggio alle emorragie di fiducia».
Insomma la ripartenza potrebbe esserci.  

Intervista a cura di Pieremilio Gadda, L'Economia del Corriere della Sera, 23 marzo 2020