I piani di rilancio dell'economia hanno alimentato il Toro sul listino. E le prospettive dopo il rally?
E' L'ora di Piazza Affari. E lo sarà ancora per molto? Con il rimbalzo dell'economia post-pandemico l'indice Ftse Italia All Share è in aumento da inizio anno di oltre il 10%, e se a ciò si aggiungono la credibilità portata al Paese dall'arrivo a Palazzo Chigi di Mario Draghi, il varo del Pnrr e gli strumenti di rilancio all'economia reale (come Pir, Pir Alternativi ed Eltif), tutto lascia intuire che la tempesta perfetta per investire a Piazza Affari sia sul punto di realizzarsi.
L'andamento dei fondi dedicati conferma che scommettere sull'azionario italiano è una scelta vincente: da inizio anno, secondo quanto riportato in classifica Fida, i dieci migliori prodotti per rendimento mettono a segno una performance media del 18,4%, che passa al 49,3% a un anno e al 14% a tre anni. Molti dei fondi in graduatoria rientrano nella categoria delle quotate a media e bassa capitalizzazione. Tuttavia, «dal confronto grafico tra categorie large e mid e mid e small le performance sono quasi identiche sugli orizzonti temporali uno, tre e cinque anni», precisa Monica Zerbinati, analista finanziaria di Fida, prima di aggiungere: «Bisogna guardare ai 10 anni per apprezzare una sovraperformance delle mid e small, 86% contro 50%, quasi interamente generata tra il 2013 e il 2014». Puntare sulle blue chip o sulle pmi non è quindi stato finora il discrimine principale dell'asset class, ma il primo fondo in graduatoria, l'AcomeA PMltalia Esg di AcomeA Sgr (21,6% da inizio anno) ha scelto di focalizzarsi anche sul segmento Aim dedicato alle imprese a minore capitalizzazione. Durante il picco della pandemia, spiega il fund manager equity Italia ed Europa Antonio Amendola, «abbiamo incrementato molto l'esposizione alle pmi, società con marchi riconosciuti in tutto il mondo, buoni fondamentali e ottimo management: le multinazionali tascabili». Il Pnrr darà loro ancora più linfa per crescere, soprattutto per lo stretto legame con il tema delle riforme: «Sono proprio le riforme il vero asset del Recovery», sottolinea il money manager, «se l'Italia riuscirà a portare a casa gli interventi programmati saremo in grado di uscire dalla crescita asfittica degli ultimi decenni e attireremo capitali esteri che fino a questo momento latitano sull'economia reale, ovvero sulle mid e small cap». Senza contare l'implementazione delle pratiche Esg: «Come investitori attivi», aggiunge il gestore, «abbiamo deciso di partire dalle pmi che non hanno rating e aiutarle a tirare fuori il loro potenziale di sostenibilità, raccontando meglio quello che fanno e traducendolo in dati quantitativi». Pir e piccole perle del listino sono anche al centro del portafoglio del Mediobanca Mid e Small Cap Italy E Pir di Mediobanca Sgr, da gennaio in crescita del 21,2% e secondo in graduatoria Fida. Per l'amministratore delegato Emilio Franco «l'investimento in piccole medie imprese consente di enfatizzare le capacità di stock picking, andando a operare su titoli meno conosciuti dal mercato e su cui le informazioni pubbliche sono inferiori rispetto alle big-cap». Un fattore che determina però «una dispersione di rendimenti maggiori», senza dimenticare che «l'aggregato delle pmi di un'area geografica riflette in maniera puntuale alcune caratteristiche dell'economia di riferimento». In Italia, esse rappresentano la cellula portante del tessuto economico, ragion per cui i recenti interventi normativi «forniranno sicuramente uno stimolo al trend di crescita e, verosimilmente, in molti casi di suca ssiva quotazione in borsa di nuove aziende». La società di gestione più rappresentata in top ten è Anima Sgr, presente con l'Anima Italian Equity Silver (+18,1%) e l' Anima Iniziativa Italia (+17,4%). Per il responsabile dell'azionario Italia Luigi Donpè è stato premiante «privilegiare un mix più offensivo, sovrapesando il settore finanziario, ovvero Mediobanca e asset gatherers in particolare, e optando per un'esposizione a titoli penalizzati dalla pandemia ma con buone prospettive di recupero». Decisivo poi «il contributo del tech, per esempio Sesa, e l'esposizione alla transizione energetica»
Articolo di Marco Capponi, Milano Finanza, 15 maggio 2021